La maggior parte delle emissioni legate alle centrali fossili rappresentano già un vincolo
Le centrali fossili sono così diffuse a livello globale che l’umanità non può permettersene altre senza venir meno agli obiettivi sul clima.
La maggior parte delle emissioni legate alle centrali fossili, infatti, rappresentano già un vincolo per il Pianeta (il cosiddetto carbon lock-in). In particolare, gli impianti termoelettrici a carbone, che rilasciano il 33% della CO2 legata all’energia, sono responsabili di più di un terzo delle emissioni cumulative “bloccate” al 2040. La stragrande maggioranza di queste riguarda progetti in Asia, dove mediamente le centrali a carbone hanno solo 11 anni di età con decenni di operatività futura in programma, rispetto ai 40 anni di età media negli Stati Uniti e in Europa. I dati attuali mostrano, inoltre, una ripresa consistente delle emissioni atmosferiche legate al comparto dell’energia, dopo i cali registrati dal 2014 al 2016. La IEA prevede che la CO2 aumenterà dalle 32,53 gigatonnellate del 2017 a 36 gigatonnellate entro il 2040.
Secondo l’economista per limitare l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C – così come richiesto dal mondo scientifico – tutti i nuovi progetti dovrebbero essere a basse emissioni di carbonio o si dovrebbe procedere, in alternativa, a una decarbonizzazione delle infrastrutture esistenti.
“Se il mondo è seriamente intenzionato a raggiungere i suoi obiettivi climatici – commenta Birol -, allora, oggi, deve esserci una preferenza sistematica per gli investimenti nelle tecnologie energetiche sostenibili. Ma dobbiamo anche essere più intelligenti nel modo in cui usiamo il nostro sistema energetico esistente. Possiamo creare un margine di manovra espandendo l’utilizzo del CCUS (cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio) e dell’idrogeno e migliorando l’efficienza energetica. Per avere successo, questo richiederà uno sforzo politico ed economico globale senza precedenti”.
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