Da un progetto Iper razionale e tecnico alla ricerca contemplativa sulle superfici della ceramica. Un designer giovane che ha già fatto molto
Dimitri Bähler si definisce un vecchio giovane talento svizzero.
Scherza per spiegare di essere arrivato ad appena 18 anni all’Ecal di Losanna e di aver quindi cominciato a lavorare molto presto.
A 34 anni in effetti ha al suo attivo molti progetti, sia industriali che di ricerca. E quindi forse ha ragione: Dimitri è un designer maturo.
Lo si vede nell’equilibrio formale che realizza fra linee e volumi. E lo si vede nella complessità della ricerca che, in sintesi, si può tracciare in un arco che va da un prodotto tecnologico come la lampada Factor Linear per Hay a uno brutale e scultoreo come lo sgabello Ast per la finlandese Vaarnii.
Nel mezzo c’è molta sperimentazione e molta pazienza.
“Mi è capitato spesso di lavorare a lungo sui progetti, di vederli maturare nel dialogo con i produttori e di trovarli completamente cambiati una volta arrivati alla finalizzazione”, spiega Dimitri.
Lo spiega con candore, il pensiero lontanissimo dall’idea del design come mestiere di improvvise genialità.
“Abbiamo lavorato molto a lungo per arrivare alla versione attuale di Factor: è una lampada con un grado di complessità illuminotecnica significativo e il progetto iniziale era davvero completamente diverso”, continua.
“Il led mi ha sempre affascinato: è intrinsecamente flessibile, si adattava a una ricerca sui tubolari di carbonio (quelli delle tende da campeggio) che mi conduceva a un progetto decisamente meno industriale, benché focalizzato su materiali tecnologici”.
Il risultato finale è estremamente razionale invece: una lampada tubolare in grado di ruotare sul proprio asse per cambiare a piacimento il tipo di illuminazione da diretta a indiretta.
È modulare, quindi la sua lunghezza varia a seconda dello spazio, e si monta molto facilmente.
"È un prodotto che pone Hay nel settore dell’illuminazione tecnica, con una vocazione al contract. Sono molto soddisfatto di come è stato sviluppato, perché se non ci fosse stata la volontà del brand di arrivare a un risultato molto semplice e leggibile, probabilmente sarebbe rimasto nell’ambito del collectible design”.
All’altro estremo del lavoro di Bähler c’è un grande interesse per la manualità come strumento di esplorazione e contemplazione.
Lo sgabello Ast nasce da uno dei primi schizzi fatti per il brand Vaarnii, ma il prodotto finale ancora una volta è passato attraverso molte fasi progettuali e, forse, molti ripensamenti.
“L’azienda mi ha dato un brief preciso: lo sgabello. Un mobile vernacolare, umile. All’inizio avevo pensato a dei volumi scultorei importanti, ma alla fine ho ricentrato il lavoro su qualcosa di più semplice.
Non è stato facile, perché gli schizzi spesso rappresentano una trappola che non lascia immaginare il successivo lavoro sui volumi e sugli spessori in fase di maquette”.
Si torna al tema della pazienza e della modestia davanti alla materia. Un’attitudine che Bähler esercita anche con la ceramica.
“Un grande amore”, ammette.
“Nato anni fa, con il lavoro su VPTC, una ricerca che non ho ancora concluso. Anche perché sono infinite le variabili di volume, pattern, texture e colori (da cui l’acronimo) da esplorare con materiali e strumenti diversi”.
Dalla ricerca su VPTC probabilmente nasce il concept per DB20 di Puul, una ceramica per la tavola decorata da rilievi e ombre sulla superficie.
Un progetto concettuale, non immediato, che difficilmente arriverà al grande pubblico visto che persino la sua composizione è bizzarra (tre ciotole e tre bicchieri di dimensioni diverse). Un progetto per menti raffinate, insomma.
Come il suo autore.